1° Incontro gruppo di Ricerca-Azione sull’educazione laica nella scuola
Giovedi 4 febbraio 2010 h. 15.00
All’arrivo a scuola ho trovato Pino che mi aspettava e insieme a lui ho incontrato i tre insegnanti che avevano aderito alla proposta di ricerca-azione di quest’anno. Siamo cinque.
L’impatto iniziale con il gruppo è stato sostanzialmente positivo. Ci siamo riuniti nella saletta informatica e ho presentato la mia ricerca di dottorato e il progetto di ricerca-azione nella scuola.
Sin dall’inizio il gruppo nel suo insieme ha manifestato interesse sia per la tematica della laicità, per la cui analisi ognuno si era già predisposto, sia per l’approccio metodologico della ricerca-azione.
La ricerca-azione
Alcune remore sono state avanzate in merito all’opportunità di utilizzare un metodo che sembra essere da anni in Italia appannaggio delle Accademie, che peraltro lo utilizzano per penetrare la realtà spesso lontana e non del tutto conosciuta, della scuola. Dunque come sostiene A., la ricerca-azione è un modo per l’Università per conoscere da vicino la realtà scolastica, tramite un lavoro diaristico dell’insegnante, la cui efficacia poi è lasciata ricadere nel campo della sola ricerca universitaria.
Proprio a causa di quest’uso un pò deviato che viene fatto di questo metodo di ricerca, mi sembra opportuno riappropriarsene come diretti interessati alle ricadute di un' indagine di tipo qualitativo nel proprio contesto lavorativo. Il dubbio che sorge spontaneo da A che credo interpreti un pò il sentire anche dei suoi colleghi, è che è difficile fare un'analisi su sè stessi e sul proprio lavoro. Ma la prerogativa della r-a è proprio di portare ad una maggiore consapevolezza del proprio agire individuale e gruppale, grazie alla coincidenza tra soggetto e oggetto della ricerca.
E’ importante assimilare il concetto di legittimazione alla ricerca da parte di coloro che operano in un sistema, perchè si superi questo scollamento tra insegnamento e ricerca e soprattutto è importante essere convinti che la ricerca-azione non è un’operazione del ricercatore sui docenti, ma è una ricerca orizzontale dove il ricercatore lavora con i docenti, apportando stimoli per sollecitare la ricerca.
Nel discorso sulla ricerca-azione che andiamo ad intraprendere, sollevo il dubbio del nome dato al gruppo: commissione laicità, sul quale tra l’altro qualcuno, esterno al gruppo di ricerca, ha già tristemente ironizzato. Forse sarebbe meglio non connotarsi come una commissione, forse questo termine lascia intendere un’attività di controllo che in realtà non è nei suoi fini. Credo personalmente che gruppo di ricerca-azione sia più attinente agli obiettivi di ricerca e indagine che ci poniamo. Inoltre metto l’accento sulla differenza tra educazione alla laicità ed educazione laica, nella prima definizione si mette in risalto la laicità, nel secondo l’educazione.
Si è maturata nel corso degli anni scorsi, la convinzione che fosse difficile e forse controproducente affrontare con i docenti un discorso che ricadesse in pieno sull’ oggetto della mia ricerca personale, appunto l’educazione alla spiritualità laica, e dunque già dall’anno scorso la tematica di fondo che ha caratterizzato gli incontri di ricerca-azione con i docenti di quest’istituto è stata più semplicemente, l’educazione laica. Indagare sul concetto di spiritualità presuppone una predisposizione ed una volontarietà da parte dei membri di un gruppo, che si ritengono motivati e pronti per affrontare problematiche legate all’esistenza, alla vita e alla morte, che invece non rientrano necessariamente nelle aspettative di formazione o di autoformazione di un docente. Si parla della ricerca-azione esistenziale o addirittura transpersonale teorizzata da René Barbier. L’esperienza degli incontri svolti negli anni scorsi, con gli studenti su questa scottante tematica è stata soddisfacente e produttiva perchè i ragazzi hanno la prerogativa di non essere ancora completamente formati e di avere un approccio non sempre pregiudiziale con la realtà, che invece caratterizza di più gli adulti. Aprirsi a discutere tematiche esistenziali richiede una grande apertura di spirito e la voglia di interrogarsi in profondità sul senso della vita, e soprattutto deve provenire da una richiesta sentita di trovare spazi comuni di riflessione personale e collettiva che prescindono da ogni elemento sociale e professionale, anche se poi su quest’ultimo si riflettono gli effetti di una tale profonda elaborazione.
Pino interviene per precisare l’origine della ricerca-azione. Sostiene che l’80% degli intellettuali del ‘900 ha subito persecuzioni, per ragioni razziali o per timore di un pensiero diverso o deviato. Il nazismo prima e il fascismo poi, in Italia hanno operato queste persecuzioni, (è stato interdetto, durante il fascismo, ai bambini del Friuli Venezia Giulia, di parlare sloveno, era ammesso solo il tedesco). E’ importante avere coscienza attraverso questa memoria. La vita di Einstein, come quella di Galileo ce lo insegna. La vita degli autori ci insegna ad avere un pensiero critico. Pino parla della sua esperienza recente in una classe in cui ha trattato tre figure fondamentali delle scienze psicosociali: Freud, Lewin e Jacobson. Si sofferma su K.Lewin, l’ideatore del metodo della ricerca-azione.
“K.Lewin era uno psicologo sociale dell’Università di Berlino, della Gestaldt. Nel 1934 ha dovuto abbandonare Berlino e andare in Norvegia, da lì si è rifugiato negli Stati Uniti per sfuggire al Nazismo.” Per Pino è molto importante parlare della vita, degli autori di cui affrontiamo lo studio. Se si facesse un’indagine sulla biografia di ognuno di essi, ne trarremmo informazioni preziose per comprenderne il pensiero. “Nel 1939 Lewin arriva nell’Ohio e mette in pratica un esperimento che lo concerneva personalmente in quanto perseguitato politico: divide degli studenti di circa dieci anni in tre gruppi, uno seguito da un maestro autoritario, uno seguito da un maestro democratico, un ultimo seguito da un maestro permissivo. Attraverso quest’ analisi, questa ricerca-azione, è riuscito a dimostrare agli Stati Uniti che cos’è il nazismo. Questo ha permesso al sistema politico e sociale americano di non finire nella trappola della dittatura, è vero che sono stati toccati dal maccartismo, ma non fino a questo livello. E’ stata un’importante ricerca-azione, perchè agiva sul sociale. Gli Stati Uniti hanno potuto capire che importanza aveva il modello democratico rispetto al modello autoritario o rispetto a quello permissivo del “laisser faire..
Negli anni ’70 a Padova abbiamo sperimentato una ricerca-azione sulle istituzioni totali alla quale potevano partecipare filosofi, politici, psicologi, pedagogisti, ecc... Si svolgeva in maniera trasversale all’interno delle istituzioni. Io appartenevo al gruppo che lavorava ad Imola, all’interno del manicomio. Abbiamo vissuto a fianco a chi viveva e lavorava all’interno del manicomio: prima abbiamo cercato di coinvolgere una parte degli infermieri, avevano una certa resistenza a partecipare, volevano solo somministrare medicine e sorvegliare, non vedevano l’utilità dell’interazione. In quell’estate del 1974, in tre mesi, siamo riusciti con l’analisi, a creare all’interno di quella struttura, le condizioni per la deistituzionalizzazione, ecco che la ricerca e il sapere potevano modificare la struttura istituzionale manicomiale, la struttura sociale e la posizione di questi pazienti che si sono trovati a passare nell’arco di due anni da un lager, dove erano legati ai letti, ai gruppi appartamenti dove potevano convivere con il proprio disagio a casa propria.”
La laicità
Interviene Felix che si occupa di laicità soprattutto nel suo aspetto politico. Chiede di individuare e mettere a fuoco la problematica su cui lavorare.
“ La laicità contiene in sè una serie di problematiche, dai diritti civili, politici, scelte individuali sulla vita personale o sull’istruzione, la libertà di religione, i cristiani perseguitati dai regimi, il dalhai lama... Noi siamo in una scuola, non bisogna dimenticare il luogo in cui operiamo e quindi concentrare il discorso della laicità su una problematica concernente la scuola e nello specifico il nostro istituto in modo da poter essere utili ai nostri insegnanti, come anche agli studenti. Il cristianesimo fa parte nella nostra cultura, ma si tratta di capire che non sta al di sopra della cultura. Pensare ad esempio che il crocifisso nelle scuole italiane sia concepito come arredo porta a dare un valore superiore alla religione cattolica”.
Anche Pino contribuisce al ragionamento di Felix, sostenendo che qui non si tratta di contrapporsi ad una religione, ma eventualmente di dare pari dignità a tutte le religioni.
Felix crede che il tema della spiritualità laica relativo alla mia ricerca possa servire a dare un certo taglio al lavoro di ricerca-azione che svolgiamo in questa scuola. Quando ci si confronta con una società che crede di avere il predominio, il monopolio della vita spirituale, allora la spiritualità viene inevitabilmente relegata nella religione e non solo, ma in una sola religione, è un pò questo il problema. Per capire come procedere quest’anno sarebbe interessante fare il punto su quello che si è fatto negli anni scorsi a proposito della laicità, anche per dare continuità ad un discorso già avviato e capire qual’è il punto del discorso sulla laicità, da sviluppare quest’anno.
Intervengo per raccontare le attività che ho svolto nell’Istituto Aldrovandi Rubbiani nei primi due anni di ricerca, in cui avendo individuato il vuoto didattico e pedagogico in cui vive tutta la scuola italiana, avevo concepito il progetto sull’ora alternativa: AltrAlternativa. Faccio un quadro un pò generico dei laboratori svolti con i ragazzi durante l’ora alternativa, dell’approccio alla spiritualità tramite il dialogo e la riflessione condivisa. A. mi chiede se si svolgevano delle letture durante gli incontri, le rispondo che, vista la rarità e la ricchezza di questi momenti, prediligo il raccontarsi al leggere.
“Sono momenti, quelli del laboratorio, in cui ognuno può esprimersi liberamente sul proprio modo di vedere le cose, senza essere condizionato dal pensiero altrui. Non è escluso che alcune letture possano essere proposte ai ragazzi, ma è qualcosa in più. Nessuna lettura ci può dare la ricchezza della riflessione immediata di uno studente sollecitato a pensare autonomamente.”
Pino aggiunge che l’ora di religione, per come è pensata dall’istruzione italiana, nega non solo le altre religioni, ma nega anche la spiritualità. “In questi gruppi-laboratorio ci siamo trovati non solo con ragazzi non credenti, ma anche con chi apparteneva ad altre religioni. Abbiamo trovato una serie di spiritualità negate, da quelle religiose a quelle non religiose.”
A. sostiene che la più grande intolleranza della religione cattolica non è riservata alle altre religioni, ma all’ateismo. “E’ contro l’ateismo che si concentrano gli strali.”
Pino osserva tra i suoi studenti che al passaggio tra il primo e il secondo anno, subiscono una trasformazione nelle idee che riguardano il credere in Dio e la religione, trova che all’arrivo al secondo anno già non credono più nei principi religiosi inculcati dall’infanzia. C’è quindi un passaggio alla coscienza personale sulle cose e una liberazione dai dogmi imposti, tra i quali per primi vengono sfatati quelli religiosi.
Uno spunto di ricerca sulle parole e sul loro uso: laicità e laicismo
E’ importante, secondo Felix, capire che tutta la sfera gerarchico-cattolica della Chiesa si è resa conto che il concetto di laicità stava prendendo piede nel sociale e si è appropriata del concetto di laicità, lo ha fatto proprio, dichiarandosi laica, ma non laicista. Sostiene di essere laica e chi lo è sempre stato in realtà, invece diventa laicista. L’Osservatore Romano sembra che detti le regole per essere laici e non scadere nel laicismo.
L’ora di religione a scuola
Pino conosce il sitema tedesco e pensa che lì non ci sia questo problema perchè la religione cattolica non ha quel monopolio che ha in Italia, in Germania convivono diversi credo, c’è una sorta di pluralismo religioso, come da noi c’è il pluralismo politico. Nelle loro scuole si fa l’ora di etica. Anche in Francia non si fa l’ora di religione a scuola.
Racconto l’esperienza dell’insegnante di religione, che il primo anno in cui lavoravo ai laboratori di ora alternativa, mi aveva ospitata in classe, durante la sua ora, per affrontare il tema della spiritualità dal punto di vista laico e religioso. Quest’insegnante era molto aperto e di conseguenza motivato ad intraprendere dei dibattiti di riflessione con i suoi studenti. E’ successo che gli è stato intimato dall’alto di non proseguire in quest’attività di laboratorio con me durante l’ora del suo insegnamento di religione e ha dovuto a malincuore, mettere fine a questi interventi.
Felix ci ricorda che gli insegnanti di religione hanno un “datore di lavoro” diverso da tutti gli altri insegnanti, la Curia. Devono rispondere davanti alla Curia delle loro azioni nello svolgimento dell’ora di religione e sono, anche se privilegiati economicamente rispetto agli insegnanti della scuola, anche più vulnerabili e limitati nella libertà e autonomia professionale, ma anche nella condotta di vita personale.
Ci soffermiamo così, a parlare dell’incongruenza del sistema scolastico rispetto all’organizzazione dell’ora alternativa all’insegnamento religioso, Felix è sconcertato dal fatto di assistere in certi momenti della giornata alla migrazione di massa (secondo lui circa il 45%) degli studenti che ad un certo punto escono da questa scuola e rientrano dopo un’ora. Dovremmo avere dei dati.
Pino risponde che l’ora alternativa è finanziata dall’Ufficio Scolastico Provinciale. “Il preside di questa scuola ha dovuto aspettare fino a dicembre per chiedere questo finanziamento, perchè per ottenerlo è necessario comunicare i dati raccolti nella scuola sul numero dei non frequentanti l’ora di religione e questa raccolta dei dati è stata fatta con un certo ritardo: novembre, dicembre. Dai dati raccolti è risultato che una parte dei non avvalentesi vuole fare l’ora alternativa, e una piccola parte vuole svolgere attività di studio individuali”.
L’ora alternativa
Gli chiedo cosa intende quest’Istituto per svolgimento dell’ora alternativa
Risponde che si tratta di un’ora di insegnamento alternativo con un altro insegnante, ma che di fatto non essendo organizzata non viene veramente garantita quest’opzione.
Felix si chiede cosa accade veramente durante l’ora alternativa.
Pino che ha svolto quest’insegnamento nelle sue classi è testimone di alcune scelte che ha offerto ai ragazzi, come trattare il tema delle emozioni in psicologia, oppure il sogno e la sua interpretazione. Ma per avere la materia alternativa bisogna che sia il collegio docenti a stabilirlo e a decidere il soggetto su cui verte questa ora per l’insegnante a cui viene affidato l’insegnamento.
“ Ma se il collegio non decide l’argomento su cui deve vertere l’ora alternativa per quell’anno scolastico, allora quest’insegnamento, quand’anche fosse svolto, non viene considerato valido nel caso che l’insegnante preposto a svolgerlo non fosse ancora di ruolo, il quale non guadagna neanche il suo punteggio in graduatoria. Bisognerebbe fare un’indagine precisa sulla scuola e poi far si che la scuola adotti...”
A. l’interrompe, ha il dubbio che a questo punto il non decidere in proposito da parte del collegio non sia espressamente voluto, nel senso che se non si riscontrano delle proposte attraenti da integrare come ora alternativa, la maggioranza si indirizza verso l’ora di religione. La cosa è complicata dal fatto che una volta individuato l’argomento, si deve chiedere al provveditorato la corrispondente classe di concorso, ecc...
Pino sostiene che si tratta comunque delle classi di materie umanistiche.
Intervengo per suggerire a questo punto di farci un’idea di come stanno le cose, anche a livello legislativo, nel sito UAAR per l’ora alternativa. Da lì possiamo attingere ad altre esperienze concrete in Italia, ai tentativi di vedere riconosciuto questo diritto negato.
A. racconta dell’esperienza recente di un noto liceo bolognese in cui l’ora di religione era stata messa alla fine delle lezioni per alcune classi per permettere di uscire in anticipo ai non avvalentesi. “Questo ha suscitato l’intervento della Curia, che ha sollevato un caso cittadino con comunicati stampa e polemiche. La scuola non ha reagito facendone una questione di principio, ma piuttosto si è limitata a dire che la scelta era stata solo frutto di un caso e che questo non si ripeterà piu nei prossimi anni! Non ha avuto nemmeno il coraggio di difendere una sua azione che non è illegale, ma legittima.”
A questo punto emerge dal discorso il caso di Cesena e se ne parla, sono casi eclatanti accaduti negli ultimi tempi che evidenziano un’ingerenza sempre maggiore della Curia nelle scelte ed opzioni scolastiche. Quest’insegnante ha sostenuto l’ora alternativa promuovendola all’interno dell’istituto. Felix infatti vorrebbe fare la prima cosa che ha fatto quest’insegnante, e cioè andare a vedere dai registri quanti studenti non frequentano l’ora di religione. Pino racconta che quest’insegnante di Cesena è stato sospeso dal preside
A. è indignata per i provvedimenti di questo tipo a carico di chi non commette nulla di illecito. Si chiede come possano intervenire senza rischiare di essere penalizzati come insegnanti.
A mio parere il fatto di costituirci come gruppo di ricerca approvato dalla scuola, dal collegio docenti e dalla dirigenza, non dovrebbe farci temere ritorsioni. Si tratta di svolgere un indagine sul campo per discutere dei dati e da lì ipotizzare dei campi di intervento. E’ un lavoro che ha come obiettivo quello di sopperire a un vuoto, di migliorare la qualità della scuola. Inoltre la mia presenza di esterna con interventi come la ricerca-azione da una parte e le interviste e degli interventi nelle classi dall’altra, sostiene maggiormente il progetto che è legato all’Università.
Dunque, grazie anche alla narrazione di altre esperienze di ricerca-azione fatte negli anni precedenti nello stesso istituto, siamo arrivati a concordare tutti, sul desiderio di indagare e approfondire la problematica dell’ora alternativa nella scuola italiana e sulle azioni intraprese dalla scuola in questione per risolvere questo forte problema istituzionale ed educativo. In questo modo avremo l’occasione di capire concretamente come la scuola opera per garantire questo diritto degli studenti e quali sono le problematiche legislative e amministrative che invece impediscono il pieno svolgimento di un’ora alternativa degna di questo nome. Sarà fatta un’indagine sulla scuola per avere i dati concreti dei non frequentanti l’ora di religione tra gli studenti dell’istituto e attraverso delle interviste, si potrà vedere più chiaramente le ragioni per cui i ragazzi non pensano che sia utile seguire un tale insegnamento e soprattutto come loro pensano che potrebbe essere organizzata un’ora veramente alternativa all’insegnamento religioso.