Incontro nella classe IV A

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Diario dell' incontro in IV A

sul tema della laicità

Ricerca-azione sull'educazione laica nella scuola

 

 

 

 

 

Martedi 5 maggio 2009 h. 11.00

 


            L'incontro di oggi con la classe è stata un'esperienza pienamente positiva. Raramente ho potuto affermarlo nel corso di quest'anno di ricerca nell'istituto. Si tratta di una classe attenta, ricettiva, con un grado di attitudine alla pertubazione molto minore alla media delle quarte e quinte classi.

Riporto qui una sintesi dei dialoghi registrati durante quest'intervento, che danno un'idea del flusso di pensieri e associazioni che hanno portato a riflettere sulla laicità. I nomi dei ragazzi sono fittizi.

Sono in compresenza con l'amico professore Pino De March che ha offerto a quest'intervento le due ore di psicologia delle comunicazioni.

Come succede quasi sempre la componente maschile della classe è nettamente separata dal gruppetto di amiche e questo ha creato due diversi fronti di intervento da parte loro rispetto al dibattito in atto. La componente maschile è più reattiva e motivata al dibattito, mentre quella femminile tenta di evitarlo creando ogni tanto un capannello privato con brusio di sottofondo. Sono riuscita a stroncare sul nascere questo tentativo e con mio grande stupore sono stata ascoltata.

Esistendo i presupposti favorevoli per lo svolgimento di un piccolo seminario sulla laicità, ho approfittato delle due ore a disposizione per strutturare un percorso di riflessione.

Mi interessa sapere cosa loro pensano che voglia dire il termine laico e non intendo arrivare con delle definizioni prestabilite di concetti ignoti. Intendo  andare a fondo nel significato di un'idea come la laicità, costruendo un percorso dialettico, di analisi e sintesi, ma anche di intuizioni a confronto.


            Mi presento e presento il lavoro che sto svolgendo nella scuola invitando i ragazzi a contribuire alla ricerca provando a mettere le loro idee a disposizione di un'elaborazione collettiva delle problematiche. Li invito ad implicarsi nella ricerca offrendo risorse personali provenienti dalla propria personale interpretazione del mondo.


Io: "Che cosa sapete sulla laicità? Che idea ne avete?"


Angela : "C'entra con Dio, nel senso che Dio non c'è"


Barbara: "Come ateo"


Io: "Ateo e laico hanno lo stesso significato?"


Angela: "No"


Io: "Che differenza c'è?"


Barbara: "Ateo è uno che non crede in niente"


Pino: "A-teo, senza Dio"


Io: "Abbiamo a che fare col credere, con la credenza. La religione è un insieme organizzato di regole, di norme che si basano sulla credenza, qualsiasi sia la religione in questione."


Pino "L'ateismo si pone in opposizione ad ogni forma di religione"


Io " Se l'ateismo si pone in opposizione alla credenza delle religioni, il pensiero laico si pone a distanza da qualsiasi verità, da ogni forma di pensiero autoritario. La laicità connota una presa di distanza, non una contrapposizione, ma una forma di libertà. Se come atea posso esprimermi negativamente nei confronti della fede religiosa, come laica non mi faccio coinvolgere dall'antitesi credere-non credere. Affermare di essere non-credente equivale ad un'altra verità, quasi ad un'altra religione.

Quali sono secondo voi le forme di credenza che viviamo a livello collettivo?"


Michele: "La paura."


Io: "La paura non è una credenza, piuttosto è un sentimento su cui si basa l'autorità della verità. Dalla paura deriva la credenza. Avere paura di correre un continuo pericolo fa si che l'uomo si aggrappi a delle credenze. Pensando di essere vulnerabile ha bisogno di punti fermi. Il massimo punto fermo è Dio, perchè la massima paura è la paura della morte.

La credenza genera un sistema organizzato di norme che chiamiamo dogmi."


Angela: "Cosa sono i dogmi?"


Io: "C'è qualcuno di voi che sa cosa sono i dogmi?"


Carla: "Io l'ho già sentito, forse il dogma è il dubbio?..."


Barbara: " No, dogma vuol dire forse...rivelazione...?"


Io " No, il dogma è un'affermazione che non si può discutere. E' proprio il contrario del dubbio. Non si può criticare il dogma, è un postulato indiscutibile"


Pino : "Per esempio nella religione cattolica un dogma è la verginità della Madonna"


Io "Le religioni contengono molti dogmi e questo è chiaro, se le affermazioni delle chiese e dei libri sacri fossero discutibili e potessero essere messe in dubbio, non avrebbero più ragione di esistere come verità".


Michele: " I dogmi si possono far valere solo grazie all'ignoranza della gente"


Io "Il dogma pretende l'accettazione incondizionata della validità di un concetto, si affida all'incapacità altrui di essere critico.

Dunque la religione si pone come alternativa per la salvezza, ma per ottenere questa salvezza è necessario accettare, prendere per veri i dogmi di questa religione.

Mantenendo uno stato di paura e di ignoranza, come ostacolo allo sviluppo del senso critico e della capacità di analizzare i fatti, posso affermare il potere di un'idea.

L'autorità ha bisogno di dogmi e della loro accettazione incondizionata, dico tutto questo per arrivare poi a capire cosa vuol dire essere laici.

Secondo voi quali forme di autorità viviamo sulla nostra pelle, oltre a quella della religione?"


Giulia: "Io non sono molto daccordo sul fatto che si possa non avere paura e che la paura sia frutto dell'ignoranza. Io posso avere paura perchè mi trovo di fronte ad un pericolo reale..."


Io " In effetti per paura intendiamo un sentimento diffuso di insicurezza, che non è esattamente quello che si prova davanti ad un pericolo reale, oggettivo ed immediato. In quest'ultimo caso, a maggior ragione un sentimento di paura e insicurezza è deleterio perchè impedisce di reagire lucidamente e razionalmete al pericolo. Ecco perchè la paura è inutile, perchè se non c'è un reale pericolo immediato, la paura non ha senso di esistere e se non esiste analizziamo i fatti con la conoscenza, se invece si è di fronte a un vero rischio, la paura non ci permette di essere presenti e attenti per salvarci la pelle. L'azione scaturisce da uno stato di attenzione sui fatti.

Se al contrario, non corriamo alcun pericolo, ma ci sentiamo insicuri, qui la paura è uno stato soggettivo"


Pino "Forse dovresti distinguere tra diversi tipi di paura, perchè comunque l'uomo non può vivere senza paure. La paura come terrore è tipica della religione: ti metto in condizione di terrorizzarti. Ma anche l'ideologia crea terrore, anche la religione del denaro: sono terrorizzato al pensiero di non avere denaro, ma di per sè la paura è sana, io distinguerei tra paura (sana) e terrore"


Io " Rispetto il tuo modo di leggere la cosa, ma credo che l'uomo possa vivere senza paure, quello che serve sviluppare è una costante lucidità nell'azione. La paura ci toglie la lucidità, ci annebbia la mente, non ci fa essere presenti a noi stessi per intraprendere l'azione utile a superare il pericolo.

L'autorità gioca su questo stato di debolezza generato dalla paura, lo usa come grimaldello per accedere alle coscienze."


Pino "Inoltre il fatto di credere incondizionatamente porta al fanatismo"


Io "Infatti il fanatismo è l'altra faccia della medaglia della credenza. La religione, come credenza è generata dalla paura e porta nel peggiore dei casi al fanatismo, o per lo meno si tratta degli effetti più estremi della religione, quando non viene colta nella sua essenza più pura, come forma di spiritualità".


Giulia: "Io continuo a non capire come si possa non avere paure. Io non ho paura del mio futuro se conosco quale sarà il mio futuro, ma non posso sapere se mi succederà qualcosa appena esco da qui. Non che io viva nella paura, ma è impossibile non avere paura. Se mi trovo davanti ad un pericolo immediato, io prima di reagire, ho paura, poi forse reagisco, ma prima ho paura"


Io "Quella di cui tu parli è una reazione psicofisica dell'uomo, del tutto naturale, lo spavento, che possiamo chiamare anche paura, ma si tratta di una sana reazione al pericolo, non è la paura nella sua essenza, vivere nella paura vuol dire vivere in un incubo.

Un'entità autoritaria può imporre la paura con la forza, perchè l'autorità crea dipendenza.

Far subire l'incubo della guerra a delle popolazioni è un'atto di autorità che tiene l'uomo in uno stato di debolezza e di costante paura.

Anche un professore in una classe ha la sua parte di autorità, ma se la usa per generare paura crea un rapporto di dipendenza dalla propria autorità che mantiene nell'ignoranza e non porta alla conoscenza.

Mantenere gli altri in uno stato di paura non permette di pensare.


Fabio: "Ma se l'uomo subisce un'autorità che non gli da modo di pensare e di esprimersi, perchè non si riappropria del suo dirittto? Che cosa ci impedisce di esprimerci?"


Io:" In un sistema dittatoriale, come ce ne sono stati in passato e come ne vediamo tuttora attivi, in cui l'autorità ha il massimo potere sull'uomo, proprio attraverso il terrore si convincono gli uomini a tacere."


Fabio. "Ma siamo noi come uomini a permettere che qualcuno ci incuti il suo terrore, perchè lo permettiamo? E' una paura indotta, consapevole, da cui ci facciamno travolgere"


Io: "Esatto, e perchè ci facciamo travolgere dalle paure indotte? Penso che succeda perchè non sviluppiamo una qualità indispensabile per non avere paura: l'autonomia. Si tratta di essere autonomi e non automi.


Pino: "Addirittura l'autorità può paradossalmente fondarsi su una sua personale libertà da qualsiasi limite la voglia contenere e far credere che si tratti della libertà di tutti"


Io "Ma questo riguarda una forma specifica di espressione di autorità..."


Decidiamo a questo punto di fare una piccola pausa per lasciare che le idee facciano il loro percorso ed abbiano il tempo di refluire in ciascuno.

Durante questa pausa ricevo la telefonata di una cara amica che mi confida di essere angosciata per il ricovero urgente di sua nipote che è stata colpita da una grave malattia da cui non si sa se potrà guarire. La ragazza ha appena compiuto 15 anni. Quando rientriamo in classe accenno alla vicenda che mi ha un pò turbata e ne approfitto per ritornare al discorso sulla paura.


Io: "La paura blocca l'azione. Se io, o i parenti di questa ragazza fossimo presi tutti dal panico, se la paura si impadronisse di noi, non saremmo più in grado di aiutarla.

Quando arriva la paura ed è vicino a me, allora io prima che mi assalga, la posso guardare e guardandola, osservandola bene, la tengo a distanza. Mi accorgo grazie a questa distanza, che io non sono la paura, la paura è arrivata e si può impadronire di me rendendomi debole e incapace oppure può essere osservata e svelata. Se io mi accorgo di non essere la paura, ma di essere altro dalla paura, allora questa non esiste più, svanisce."


Silenzio totale nella classe. Davanti a questo silenzio sento il corpo di una coscienza che prende forma .Questo silenzio innaturale nell'aula piena, mi invita ad ascoltarlo, ma mi da anche motivo di continuare a parlare.


Io "Si possono scrivere libri di filosofia o di psicologia sulla paura dell'uomo,che poi forse non tutti leggeranno, ma si può anche parlare della paura, tutti ne facciamo l'esperienza, la paura è alla portata di tutti.

Ma pensiamo alla paura collettiva, a quella paura che si può impadronire della collettività intera, quali sono i timori di una comunità?"


Fabio: "Io penso per esempio alla paura di non essere accettati, di non essere come gli altri."


Io: "A volte, quando si ha paura di non essere accettati, ci si lega a chi ci somiglia, a chi riconosciamo come nostro simile, e così facendo se creiamo una relazione chiusa, alimentiamo la distanza e la diffidenza verso chi invece pensiamo che non ci somigli."


Michele: "Per essere accettati dagli altri bisogna prima accettare se stessi."


Io "Certo, è lì il punto, se accetto di essere ciò che sono, farò in modo di essere accettato e dunque amato per questo."


Silenzio totale, forte attenzione dei ragazzi.


Io "Vi accorgete come si può passare dai massimi sistemi: l'autorità e la religione, all'individuo e le sue insicurezze? La realtà è fluida e non è suddivisa in compartimenti stagni, si passa dal dentro al fuori. Se l'uomo ha coscienza di sè, si conosce e si accetta, allora potrà accettare l'altro e non averne paura"


Michele. "Se per farmi accettare dagli altri mi sforzo di somigliargli, allora non sarò mai me stesso, non mi conoscerò mai."


Io " Il non dipendere dal giudizio altrui per accettarsi si chiama autonomia"


Fabio: "Ma allora io dico, se io mi lego a qualcuno da un rapporto d'amore per esempio, ne divento dipendente, allora anche l'amore è dipendenza?"


Io "L'amore, come la paura è un sentimento, fa parte della nostra sfera sensibile e come tale può essere osservato, nel senso che se ne può essere consapevoli. Se l'amore può generare dipendenza, allora questa può essere evitata se si riconosce il rischio che si corre."


Fabio:" Ma come faccio a capire quando l'amore diventa pericoloso in questo senso...è impossibile."


Io "Si tratta di essere consapevoli dei propri sentimenti e non identificarsi con essi"


Angela: "Per esempio la gelosia è un sentimento negativo che proviene dall'amore"


Silvia: "Sinceramente per me la gelosia non è negativa se la controllo"


Michele: "Non ci può essere un rapporto d'amore senza gelosia, la gelosia vuol dire che ci tengo all'altra persona, però deve essere controllata"


Io "Accettare di essere invasi da un sentimento negativo come la gelosia, presuppone un rapporto di dipendenza, cioè le persone che si amano non hanno instaurato un rapporto d'autonomia, ma di dipendenza. La dipendenza tra le persone è generata dalla mancanza di autonomia, la dipendenza dal potere, qualsiasi sia questo potere, è generata dalla mancanza di autonomia. Il bambino piccolo dipende dal genitore perchè non è autonomo, ma il genitore che lo ama deve far si che egli diventi autonomo perchè un giorno non dipenda più da lui.

Se un potere politico o spirituale usa il proprio potere per creare dipendenza, non aiuta gli individui a svilupparsi, a crescere a comprendere le cose.

La gelosia è un sentimento inevitabilmente negativo perchè proviene sia dalla paura che dalla dipendenza.

La paura può generare solo sentimenti negativi. Proviamo a pensare alle negatività della paura. Che cos'altro genera la paura?"


Fabio. "Il razzismo"


Pino "Le fobie collettive"


Io "Dunque possiamo avere paure individuali, come quella di perdere qualcuno a cui siamo legati, ma anche paure collettive.

Quando parliamo di laicità guardiamo alle paure di un'intera comunità, provate a pensare a quali paure emergono dalla comunità in cui vivete. Io sono convinta che ognuno può arrivarci riflettendo, abbiamo tutti una conoscenza che è dovuta all'esperienza, alla vita vissuta. Ognuno di voi sa già tante cose, ha una sua sapienza che è dovuta alla pratica quotidiana.


Suona la campana

Pino "E' finita l'ora"


Io "Chiudo il cerchio dicendo che dunque la laicità è libertà in quanto autonomia dalla paura e dai rapporti di dipendenza"


I ragazzi fanno un applauso all'intervento che grazie a loro ho realizzato. Hanno mantenuto un grado di attenzione e di partecipazione molto alto fino alla fine delle due ore. Li lascio con l'esperienza di una riflessione collettiva che sono certa si sedimenterà da qualche parte e sarà un piccolo pezzo del materiale da costruzione della loro e della mia persona.

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