“Educare il cuore”

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di M. POLITO, La Meridiana, 2005

Recensione a cura di Paola D’Esposito

Spiegatemi perché a Scuola si debba formare solo la mente e non il cuore. Perché questa riduzione? … E’

autentica quell’educazione che trascura la consapevolezza di sé, l’empatia, la solidarietà ? … Perché queste

emozioni sono assenti nella formazione scolastica? Perché non sono previste dai programmi e dai curricoli?

Perché? Alcuni rispondono: La scuola non si deve interessare di queste cose. Perché non se ne deve

interessare? Non serve l’educazione alla solidarietà? Dite di no? Allora questa vostra scuola non serve.

Non serve alla vita. Questa vostra scuola è inutile”.

M. Polito, pedagogista, psicoterapeuta, autore di manuali e programmi di formazione preziosi per

docenti e studenti, da anni impegnato a favore di una scuola attenta all’educazione e al servizio

dell’uomo, abbandona il consueto tono pacato e sorridente: la passione, gli ideali, incontaminati nel

tempo, lo accendono ad una sventagliata sferzante sul preoccupante vuoto emotivo e morale della

società odierna, in cui regna l’inerzia. L’autore vede nella povertà di attenzione alle emozioni il

nodo del disagio, delle sofferenze e delle ingiustizie. “Qual è il costo di un’insufficiente intelligenza

emotiva? Qual è il costo dell’autostima ferita, dell’identità personale frantumata? Qual è il costo

dell’incomprensione e della diffidenza reciproca? Quali sono le conseguenze? Possiamo fare qualcosa per

evitare tutta questa sofferenza assurda e inutile? La risposta è Sì. Educare il cuore dei nostri figli e dei

nostri studenti“.

Il suo progetto educativo “ Educare il cuore” è una sfida ideologica e metodologica, per ridare

priorità e centralità alle emozioni nell’educazione e nella scuola come via per garantire autentico

apprendimento, benessere e solidarietà, suscitando responsabilità e senso morale per ideali di

elevato vigore, al fine di generare relazioni costruttive.

Il testo inizia con il presentarci le numerose motivazioni che rendono oggi necessaria l’educazione

emozionale: gestire conflitti, incomprensioni, situazioni di tensione, sovraccarico, stress emotivo.

Le emozioni sono alla base della motivazione e del coinvolgimento personale, così come la causa di

blocchi e difficoltà di apprendimento. “Le emozioni sono importanti per tutta la vita, perché danno

orientamento, gusto, forza vitale alle proprie azioni e progetti”. L’autore osserva che la scuola deve

ampliare il suo panorama formativo e non ridursi alla sola trasmissione di contenuti disciplinari.

Dobbiamo offrire agli studenti strategie per costruirsi una vita migliore, affrontare le situazioni

difficili, stare bene con gli altri.”

Il suo progetto di educazione nasce proprio dalla constatazione della necessità di sopperire

all’analfabetismo emotivo , alla progressiva disumanizzazione, che contraddistingue la società

odierna. Il tono a questo proposito diventa drammatico, infatti l’autore mostra una forte

partecipazione al malessere e alla deriva morale imperante, in cui riconosce una nuova categoria

di povertà : la “miseria emotiva relazionale”, resa evidente dal vuoto comunicativo, dall’incapacità

di riconoscere le proprie emozioni e quelle altrui ed esprimerle, dall’assenza di empatia, che si

accompagna a incontinenza emotiva e pulsionale, a debole presenza di regole di autocontrollo, di

codici morali condivisi e rispettati. Il consumismo imperante “non è solo un fatto commerciale, ma

è un atteggiamento che intreccia emozioni, valori, desideri, aspettative”, corrompendo l’intelligenza

emotiva, distorcendo il rapporto con la realtà, vista come bene da consumare, cui si accompagnano

atteggiamenti edonisti e la perdita di aspirazioni formative e di slancio ideale. Si spegne la

motivazione ad affrontare le difficoltà, il valore dell’impegno, dello sforzo per uno scopo. “Il cuore

ammutolisce, la mente si chiude”, non si crea più alcun progetto, scomparso il desiderio di una

vetta, di una conquista da realizzare, di un ideale da raggiungere.

Secondo Polito la scuola appare contagiata dalla deriva mercantile e consumista: sempre più spesso

considerata come una filiale del mercato del lavoro, fa sue le logiche di produttività e di profitto, di

sopravvalutazione della dimensione tecnica e razionale, sbilanciandosi sulla dimensione cognitiva

ed espellendo tutte le altre dimensioni della persona. In tal modo abdica alla sua funzione

formativa, per appiattirsi su una sola dimensione dell’intelligenza, quella cognitiva, trascurando

tutte le altre, frantumando la globalità dell’individuo, non riconoscendo le risorse genuine dello

studente, i suoi talenti, tutte le sue potenzialità. E applica tale logica anche alle pratiche di

valutazione, in forma di test a scelta multipla, “nozionistici e riduttivi”, che pretendono di essere

così “oggettivi”, ma che l’Autore definisce “un’assurdità pedagogica”. Tradita la funzione

formativa, tale scuola appare tristemente solo selettiva. L’analisi non si esaurisce alla scuola, ma

prende in esame anche la povertà e il disagio emotivo-comunicativo, che oggi si vive nelle famiglie.

A questo punto l’Autore lancia la sua controffensiva. “Una scuola che seleziona soltanto non

serve… La vita richiede l’uso di tutte le intelligenze, e la scuola deve svilupparle tutte “.

E richiama energicamente gli insegnanti: Cosa ci interessa veramente? La crescita e

l’autorealizzazione degli studenti o semplicemente le regole di mercato? La loro formazione o la

loro selezione? Coltivare la loro motivazione o distruggerla?. Dobbiamo scegliere.

Dal deciso appello al recupero alla funzione formativa globale della persona, che educhi

riconoscendo l’intreccio di corpo, cuore e mente, nell’apprendimento e nella motivazione, l’autore

passa a sviluppare più compiutamente il proprio progetto di “educazione del cuore” a favore di un

recupero e valorizzazione dell’educazione dell’intelligenza emotiva in famiglia, a scuola, in vista di

traguardi formativi che investono tutta la società e il suo futuro. “ Nella vita non ci chiederanno di

dimostrare il teorema di Talete, ma come dare risposte autentiche e personali ai numerosi problemi

esistenziali, e dovremo farlo con altre abilità: consapevolezza emotiva, ascolto empatico, l’abilità di aiutare

e prendersi cura degli altri, di prendere decisioni e fare buone scelte, di vedere le cose al positivo con

ottimismo, coltivando l’autostima, di contenere,regolare, guidare le emozioni negative, di affrontare i

conflitti in modo costruttivo, di partecipare alla costruzione di un mondo migliore ed essere cittadino del

mondo, di esprimere le proprie emozioni e di affermarsi nella vita con assertività, di essere amico, di

amare”.

Definendo il pensiero “intreccio di logica ed emozioni”, sulla scorta di testimonianze ed apporti

scientifici in campo psicologico e pedagogico, Polito chiarisce l’importanza delle emozioni nella

vita dell’individuo e la necessità di una formazione rivolta all’individuo intero, che tenga conto dei

suoi interessi ed aspirazioni personali, secondo un metodo attento e rispettoso ai suoi ritmi, stili di

apprendimento, al ruolo strategico dell’intelligenza emotiva nel mettere il soggetto in grado di

relazionarsi felicemente con gli altri.

Proprio il ruolo delle emozioni nell’apprendimento costituisce il cuore centrale del testo, poiché su

di esso si incardina il ruolo del docente e la sua funzione pedagogica.

Mediante un metodo coerente con il concetto di “educazione come dialogo” Polito costruisce

itinerari di alfabetizzazione emotiva distinti per alunni, docenti, famiglie, intesi come percorsi di

consapevolezza e condivisione: dunque non parole e teorie, ma pratiche e riflessioni personali, di

coppia e di gruppo.

L’apprendimento è un’esperienza emotiva; le emozioni positive, attraverso il coinvolgimento,

l’entusiasmo, la gioia della competenza raggiunta, la crescita dell’autostima che alimenta nuovo

desiderio di apprendere, lo facilitano e rafforzano; le emozioni negative, legate a sfiducia, senso di

emarginazione, incapacità, distruttività, che turbano l’attività mentale, lo compromettono.

“La chiave dell’intelligenza è depositata nel cuore.” C’è una priorità emotiva sulla dimensione

cognitiva e i contenuti disciplinari viaggiano bene solo su un percorso emotivo. “Quanto ami le cose

che studi? Poco? E allora le impari poco. Più le ami, più le impari”. Ecco, entra in scena l’amore. E

con esso, la riflessione sulla funzione pedagogica, eminentemente affettiva, in cui lo studente trova

forza, fiducia, stima, coraggio per affrontare l’avventura della conoscenza e per non abbattersi di

fronte alle difficoltà nella figura dell’adulto educatore, che ama e ha a cuore la sua auto

realizzazione. Emerge un tema assai caro all’Autore : il benessere emotivo nel gruppo classe, la

necessità di svilupparlo e tutelarlo con attenzione, attraverso la cura di un clima di classe positivo,

partecipe, solidale, alla cui costruzione, nel rispetto delle regole condivise, sono tenuti a collaborare

gli studenti giorno per giorno, imparando così la responsabilità reciproca, l’altruismo, in un

ambiente attento alle risorse e alla valorizzazione di ciascuno. Fiorisce così il senso etico, e si

trasmette l’amore pedagogico, nutrito dell’interesse formativo per ogni alunno, che in pratica spinge

l’educatore a trovare tutte le strategie per opportunamente agganciare e motivare, prima sul piano

personale affettivo e poi sui contenuti tutti i suoi studenti, in particolare quelli difficili, che la scuola

selettiva trascura, stigmatizza e perde.

Un buon insegnante, sottolinea con vigore l’Autore, sulla scorta degli insegnamenti di Don Milani,

ama la crescita e l’autorealizzazione dei propri studenti, ama la sua materia e la fa amare, riempie di

emozioni positive i contenuti, animandoli di passione e trasmettendo entusiasmo. E’ accogliente e

sa comprendere e incoraggiare nelle difficoltà. Confronta ciascuno con i propri talenti, e valuta in

ciascuno l’intreccio fra apprendimento, emozioni, motivazione, progresso personale. Infonde forza

e passione per gli ideali, valorizzando il coraggio, l’empatia, l’altruismo, l’amore per la ricerca, per

il bene dell’umanità anche attraverso il proprio impegno, slancio, sacrificio. L’Autore si spinge a

evocare un rifiorire dei comportamenti eroici “Oggi i veri eroi sono le persone giuste e le persone di

cuore”. Non si tratta di essere illusi, si tratta di scegliere. E alle obiezioni dei numerosi insegnanti

scoraggiati, delusi, stanchi, disincantati, risponde utilizzando un proverbio popolare: “Se il tuo

progetto riguarda un anno, pianta il grano. Se il tuo progetto riguarda dieci anni, pianta un albero.

Se il tuo progetto riguarda cento anni, istruisci il popolo”. E se il tuo progetto di cambiamento

riguarda il prossimo millennio, educa il cuore. Il cuore di ogni persona”.

Polito M., Educare il cuore, La Meridiana, 2005

 

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