III incontro di r-a dicembre 08

Pubblicato il

Ricerca-Azione all’Istituto Aldrovandi Rubbiani

anno scolastico 2008/2009

Per un’educazione alla laicità nella scuola

 

 


III incontro

Martedi 16 dicembre 2008 h 14.00

 

 

Presenti:


Piero            Psicologia delle Comunicazioni

Antonella     Storia dell’Arte

Giusi             ricercatrice esterna

 

 

Sono state discusse le seguenti problematiche:

 

Rapporto dell’insegnante con la burocrazia scolastica e i tempi di lavoro.


La scarsità di momenti da dedicare alla formazione - importanza del momento di formazione.


L’autonomia nella relazione col gruppo di ricerca. Meccanismo della delega e rapporto diretto.


La teoria dei momenti-La pratica del diario-La formazione permanente

 

 

Questo terzo incontro di ricerca-azione era concordato per oggi 16 dicembre alle ore 14.00

L’accordo era stato preso nel corso dell’incontro di novembre, in cui ogni membro del gruppo aveva confermato la disponibilità a rendersi libero per un’ora e mezza . Era previsto che la giornata fosse carica di impegni, ma ognuno era stato daccordo ad anticipare dalle 14.30 alle 14.00 questo terzo incontro per avere il tempo di ritrovarsi anche in questo mese di dicembre.

 

In realtà le cose sono andate diversamente: ieri Piero mi ha mandato un sms dove mi comunicava l’impossibilità per il gruppo di ricerca-azione di riunirsi e rimandava l’incontro a dopo le feste natalizie e addirittura a dopo la fine degli scrutini del primo quadrimestre.

Ho avuto una reazione di totale sorpresa di fronte alla decisione non concordata collettivamente, di spostare a un mese e mezzo più tardi il terzo incontro.

La cadenza mensile degli incontri di ricerca-azione è importante per il mantenimento di un ritmo di frequenza che non deve essere abbandonato per non far perdere peso e valore al lavoro di ricerca e dileguarne la continuità. Ho avuto la sensazione della banalizzazione dell’incontro di ricerca-azione rispetto agli impegni burocratici e istituzionali della scuola e ho telefonato a Piero. Gli ho spiegato che, avendo tutti insieme concordato una data e un orario, ci tenevo a rispettarli.

Sarei andata comunque all’incontro perchè in effetti nessuno mi ha comunicato in qualche modo degli impedimenti e non mi sembrava corretto non esserci se mai qualcuno invece fosse venuto.

 

Alle 14.00 arrivo in sala insegnanti e aspetto che qualcuno del gruppo arrivi. Piero viene alle 14.30, ha stampato e fotocopiato la relazione sul secondo incontro di novembre da me scritta per il gruppo e alcuni documenti allegati:”La pratica del diario di Remi Hess” e La laicità nella Costituzione italiana ed europea”

Sono già le 15.00 e in attesa che altri arrivino accendo il registratore e faccio a Piero alcune domande:

 

Giusi: “Piero, secondo te perchè oggi è stato così difficile incontrarsi?”

 

Piero: “ Ci sono dei periodi nella scuola in cui tutti i nodi vengono al pettine (nel senso che si tirano le somme di quello che si è fatto fino a quel momento), c’è una tale sovrapposizione di impegni, in cui non si ha neanche il tempo di respirare. I due insegnanti che sono passati prima ( Bruno e Mauro che di sfuggita sono entrati in sala insegnanti ) stavano andando adesso, alle tre, a mangiare un panino. Oggi è una giornata particolare perchè ci sono dei consigli di classe straordinari”

 

G.“Questi periodi così impegnativi si verificano spesso?”

 

P.“Così impegnativi non spesso, perchè oggi si sono sovrapposti ai consigli di classe ordinari anche dei consigli di classe straordinari e questo toglie tempo agli insegnanti per dedicarsi a sè, per mangiare un panino, pensare ai propri rapporti nella scuola.”

 

G. “Con quale frequenza avvengono giornate come questa?”

 

P. “Una sovrapposizione come questa avviene circa due volte all’anno, in prossimità degli scrutini, nel quadrimestre e nel pentamestre. Adesso, il quadrimestre viene a cadere esattamente tra la metà di dicembre e la metà di gennaio, questo è uno dei periodi peggiori, poi lo è anche maggio e giugno”

 

G. “Quando finisce questo periodo?”

 

P. “Il 22 gennaio”

 

G. “E dal 22 gennaio tutto ritorna normale?”

 

P. “Sì, ritorna tutto normale fino a maggio.”

 

G. “Secondo te l’unica ragione di questa assenza è l’ eccesso di impegni in questa giornata, oppure noti un abbassamento della tensione nella partecipazione del gruppo, nel percorso intrapreso?”

 

P. “ No, non credo, se oggi fosse stato un giorno ordinario, la motivazione sarebbe stata un’altra, ma oggi...

 

G “Secondo te perchè non si riesce a comunicare autonomamente, ma si demanda ad un’altra persona la trasmissione di messaggi personali, delle proprie motivazioni e impossibilità? C’è, secondo te, una difficoltà ad agire direttamente?”

 

P “Diciamo che gli insegnanti sono abituati a farsi organizzare le attività, che non c’è un grande spirito di autorganizzazione, si ha l’abitudine a delegare l’organizzazione a un responsabile o ad una commissione, c’è sempre un “delegato”la cui funzione è strumentalizzata.

 

G. “E’ il meccanismo della delega, nato per rendere democratica la partecipazione alla cosa pubblica nei sistemi di organizzazione politica più ampia, ma che in realtà rischia di generare indifferenza o disimpegno, allontana proprio da uno sviluppo di crescita, implicazione e autonomia, nella società come nei micro sistemi istituzionali.

 

P “Sì, anche se nella scuola c’è un maggior livello di condivisione, dove non viene concentrato tutto nel dirigente, al vertice del sistema scolastico amministrativo, c’è un decentramento del potere e laddove è decentrato esiste la delega, ma nella scuola si è più vicini alle pratiche”

 

G “ In ogni caso questo meccanismo è talmente presente che anche ad un livello minimo di organizzazione di un incontro di ricerca mensile, si tende a demandare la comunicazione.

 

P “Io e Federica però abbiamo agito autonomamente”

 

G “ Si ma non direttamente. Credo che il fatto di rapportarsi direttamente con le persone comporti un passaggio ulteriore di presa in carico della relazione, di responsabilità, vorrei analizzare il fatto senza esprimere alcun giudizio di sorta”

 

P “Certo”

 

G “ Avvisare degli impedimenti sopravvenuti, direttamente anche me, che come esterna vengo per incontrarvi, comporta quel passaggio di assunzione della relazione che è autonomia (quale relazione senza autonomia?)

 

P “Mauro e Bruno li hai incontrati?

 

G “Mauro è passato a prendere delle cose, sembrava avere molta fretta. Bruno, anche lui l’ho visto un attimo di sfuggita.

E’ interessante la pratica dell’agorismo nell’analisi istituzionale, opera una rottura nelle aspettative perchè, a differenza dell’approccio criptico, per cui quello che non può essere detto viene taciuto, mi rivolgo direttamente al soggetto (o ai soggetti) e dico: “Accade questa cosa”, chiedo: “Perché accade questa cosa?”. Se mi rivolgo alla persona per cui è faticoso affrontare il discorso ed è portato a sorvolare su un problema, dico apertamente: “Avevamo un appuntamento, che facciamo?”.

Allora opero una rottura, perchè l’aspettativa è che il problema si dilegui nel consenso tacito.

 

P “Cosa ti ha detto Mauro quando gli hai chiesto se partecipava all’incontro?”

 

G “ Che non poteva, che pensava lo sapessi, è entrato in sala professori preso da altri pensieri e aveva difficoltà ad affrontare il discorso dell’ appuntamento col gruppo di ricerca.

In realtà, come tu sai, io avevo già spedito a tutti i membri del gruppo due mail, la prima dove chiedevo aiuto nella ricostruzione del secondo incontro e l’altra in cui rinnovavo l’appuntamento di oggi.

 

P “E  Bruno è passato?”

 

G “Sì, credo che non mi abbia neanche vista. Io penso che l’atteggiamento umano sia legato al contesto operativo. Cioè c’è una forma di adeguamento a dei meccanismi che devono essere adottati per salvaguardare le proprie vite nell’istituzione, che in qualche modo è corcitiva, lo è la scuola come lo sono tutti gli apparati burocratici” .

 

P “ Loro dicono che si dovrebbe capire la loro situazione, che in questo momento non possono proprio”

 

G “ Come facciamo a capirlo se non se ne parla? L’accordo è preso collettivamente e autogestirsi in gruppo comporta anche il ridiscutere gli accordi proprio in relazione agli impegni della pratica scolastica. Ho chiesto a Mauro di proporre una data in gennaio, ma lui aveva delle difficoltà, poi mi ha proposto di scrivermi una mail con la data ipotetica ed io sono stata daccordo, mi sono resa disponibile a girare a tutti la sua proposta, sostenendo che era difficoltoso organizzare il prossimo incontro senza la presenza degli altri membri del gruppo”

 

P “E’ interessante ...”

 

Autonomia dagli schemi imposti e gestione matura della burocrazia come approccio laico all’istituzione

 

Assistiamo all’adesione obbligata a modelli precostitutiti che minano la relazione umana più autentica e spingono a nascondersi dietro formali questioni di principio

 

La burocrazia e lo svuotamento di motivazioni

 

La burocrazia è perfida nello svuotamento e nell’oblio degli intenti e delle motivazioni in chi deve praticarla. Rende ogni impresa formativa e professionale preorganizzata e non lascia spazio all’iniziativa dei singoli, anzi li obbliga a seguire modelli precostituiti di organizzazione del lavoro. D’altra parte questi modelli offrono (e non sempre) un’accomodante, ma apparente, semplificazione dello svolgimemto del lavoro. Avere modelli e schemi stabiliti da altri, a cui aderire, evita lo sforzo ad autorizzarsi a costruire i propri spazi vitali, in questo caso spazi di formazione e autoformazione.

Nella scuola le relazioni avvengono tra docenti stessi, tra docenti e studenti, tra docenti e personale amministrativo, tra docenti ed esterni. La burocrazia solleva dalla responsabilità di prendersi cura direttamente di tali rapporti umani e professionali.

Quando si risponde correttamente alle richieste delle priorità burocratiche, si è esonerati da ogni altro impegno progettuale e relazionale. Riappropriarsi di questi spazi e renderli aderenti alle vere motivazioni verso il proprio ruolo educativo, fa emergere una presenza di ognuno implicata nelle relazioni che ne derivano

La burocrazia giustifica se stessa e trova la sua spiegazione oggettiva nella misura in cui gioca un ruolo considerato come indispensabile di “dirigente” delle attività produttive della società. Lo stesso Castoriadis dice in “L’istituzione immaginaria della società” che per risolvere un problema, la burocrazia ne crea altri cento! A volte far valere degli argomenti contro la burocrazia appartiene alla sfera dell’impossibile e lo si paga a caro prezzo.

 

Io e Piero diamo un’occhiata alla relazione del II incontro, dove la problematica di fondo è quella del disagio dell’insegnante nell’istituzione scolastica e la sua distanza dalla formazione e dalla ricerca .

Parliamo della demotivazione al lavoro di insegnante che trapela dai discorsi dello scorso incontro, della palese mancanza di trasporto e di fiducia verso il ruolo ricoperto nella relazione pedagogica. Ci rendiamo conto di questo vuoto di fondo di cui si soffre come insegnanti

 

Intervento di Antonella sulla sua vicenda personale che riporta la riflessione sul problema del disagio dell’insegnante con la classe.

 

.

Mentre io e Piero parliamo arriva Antonella, l’insegnante di Storia dell’Arte, si siede al tavolo con noi, è molto contrariata per un episodio appena accaduto tra lei e gli studenti di una sua classe:

Alcuni ragazzi che sono stati sospesi si sono rivalsi contro la loro professoressa approfittando di alcuni suoi momenti di esasperazione davanti alla classe.  

Antonella sostiene che l’unico modo per farsi rispettare è di minacciarli di rivolgersi al preside e che solo così riesce a tenerli a freno, ma si chiede:

 

“ Come si fa a lavorare in questo modo! Se pronuncio la parolina magica “Preside” allora ottengo la loro attenzione. Ma sono ragazzi di quindici, quasi sedici, non è possibile che siano a questo punto...

Una sfilza di note in tutte le materie, a volte non le metto neanche perchè ce ne sono talmente tante...

L’altro giorno è venuto il nuovo insegnante di sostegno, mi sono vergognata, anzi lui mi ha fatto i complimenti perchè comunque sono riuscita a fare lezione, e una ragazza della classe mi ha detto che semmai erano loro, gli studenti a doversi vergognare”

 

Piero “Avete preso dei provvedimenti disiplinari?”

Antonella “Gli abbiamo dato tre giorni (di sospensione)”

Piero “Perchè, ne hanno combinate?”

Antonella “Ne combinano di ogni...

 

Pratica del diario di bordo come strumento di autoformazione

 

Giusi: “Io direi che questa vicenda che stai vivendo possa essere analizzata proprio alla luce delle problematiche che stavamo affrontando insieme riguardo al disagio degli insegnanti con la classe. Scrivere di questo malessere può servire per osservare con ditacco ciò che accade ed escogitare degli approcci che, almeno in parte posso essere risolutivi, che possano aiutare nella messa a punto delle azioni nella pratica quotidiana.”

 

Parlo un pò dello strumento del diario, della pratica della scrittura. Provare a impostare nella classe un diario di bordo dove vengono messi a nudo gli accadimenti quotidiani nella classe. Il diario è tenuto da tutta la classe e di volta in volta a turno ciascuno, studenti e professore, descrive le ore scolastiche trascorse con quell’insegnante o accadimenti anche apparentemente banali avvenuti nel corso della giornata .E’ una scrittura collettiva con pluralità di stile e di approccio.

Ogni insegnante, membro del gruppo di ricerca-azione può servirsi di due strumenti di ricerca: il diario di bordo collettivo della classe e il proprio diario personale di ricerca, in quest’ultimo annota da un lato la propria esperienza con la classe e dall’altro le proprie impressioni sull’incontro del gruppo di ricerca-azione

.

Ci tengo a mettere al centro del discorso la scrittura, dove si trovano le chiavi di analisi e rielaborazione dei fatti e cerco di esprimerne l’importanza.

 

Giusi: “Trovo che è un vero problema che nella scuola non si scriva, che si faccia fatica a usare la descrizione del reale tramite la narrazione, anche banalmente scriversi via mail è scrittura e implicazione.

 

Il diario è un resoconto del proprio operato per poterlo meglio visionare, analizzare, per prendere le distanze dai fatti senza farsene troppo coinvolgere o trascinare.

La scrittura è uno strumento di formazione essenziale. E difficile parlare di formazione nella scuola senza passare per la scrittura, nè tantomeno si può pensare di insegnare a scrivere se la scrittura non la si pratica. La scrittura è vitale per l’apprendimento, perchè si prende atto del proprio agire e permette di conoscersi meglio, si riesce meglio ad oggettivizzare la realtà, prendere coscienza focalizzando meglio gli obiettivi personali, permette quindi di autoformarsi.

 

Credo che il discorso sul neolitico che faceva Mauro andrebbe approfondito, perchè con la nascita della scrittura nasce la civiltà, si oggettivizza la realtà.

Si tratta di autorizzarsi a scrivere, è uno sforzo positivo.

Se riusciamo a produrre delle analisi sul nostro lavoro e le nostre riflessioni, valorizziamo l’attività di questo gruppo di ricerca, dovremmo provare a mettere a frutto l’energia che stiamo investendo in questi incontri.”

Dò i materiali che ho prodotto su “La pratica del diario” di Remi Hess e consiglio di tenere un diario del lavoro in classe. Altri materiali sono quelli sulla laicità nella Costituzione italiana ed europea.

 

Decidiamo noi tre presenti e ci riserviamo di chiedere conferma agli assenti, una possibile data per il prossimo incontro:

martedi  27 gennaio h.14.30.

 

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